FRANCESCO MARCOLINI
Testo a cura di Marinella Caputo
Il progetto espositivo Hortus Artis ideato dall’Associazione Culturale Tangram, prosegue dopo il lavoro degli artisti “Affiliati Peducci-Savini” con Francesco Marcolini, un artista giovane e particolarmente esplorativo.
Il senso del ciclo di 12 mostre evoca l’andamento del gioco del domino; infatti ogni partecipante individua il proprio successore per stabilire una continuità non in termini di somiglianza stilistica, ma di visione e interpretazione dell’arte.
Ciò che gli Affiliati sentono di condividere con Francesco Marcolini è la ricerca di nuovi linguaggi e codici comunicativi in varie direzioni, verso processi antichi spesso reinterpretati attraverso tecnologie modernissime con applicazioni inedite.
L’aspetto più originale, a mio avviso, di Hortus Artis è la sorpresa che caratterizza sempre la mostra successiva, a rendere l’alternanza dinamica e la partecipazione totalmente controllata dagli artisti.
Wireframe # 3 si concentra su un elemento che è in sé un’opera, ma diviene parte di un’installazione site specific nel quadrato dove interviene l’artista.
L’oggetto saliente è una mela stilizzata come una gabbia metallica, esito di un procedimento molto laborioso che si articola in tre fasi successive:
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Prima fase: Viene modellata in creta una mela in scala 1:1. Da tale prototipo si crea un calco in gesso per realizzare un’altra mela di argilla e dal momento che la creta quando si secca riduce il proprio volume del 6%, si possono realizzare calchi e forme di dimensione sempre più piccola. Della serie ottenuta si scelgono tre esemplari di calchi in gesso, il maggiore, il minore e uno di media grandezza.
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Seconda fase: I calchi sono impiegati per saldare dei fili di rame che ricreano con una struttura lineare la forma della mela. Le tre mele di filo di rame vengono poi collocate una dentro l’altra.
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Terza fase: L’oggetto (Wireframe) viene sottoposto a un bagno galvanico di rame che conferisce alla superficie una particolare lucentezza.
La forma, coesa e aerea, viene fissata ad un filo posto verticalmente sull’asse di una torcia elettrica che fa scintillare l’intreccio del rame.
La mela appare così sospesa, ruotando su se stessa ad ogni spostamento d’aria, mentre diffonde rivoli di luce e proietta sulla volta la propria ombra che ripete le linee dilatate dell’oggetto.
Le dimensioni di Wireframe coincidono con quelle di un piccolo frutto, ma la sua influenza è del tutto pervasiva, impegnando lo spazio intorno a sé.
La costruzione iniziale della mela - da cui tutto il processo ha inizio – prevede una forma idealizzata e quindi matematica. La riduzione a puro intreccio lineare del volume originario corrisponde a una progressiva sottrazione in termini plastici che sposta l’enfasi sulla luce del metallo esaltata dal bagno galvanico. Dalla massa si passa all’energia luminosa, dalla gravità alla leggerezza, dalla realtà fisica a quella immateriale.
La mela tende alla forma sferica, ma non la raggiunge, come a implicare che la perfezione può concepirsi ma non attuarsi. Anche il rame aspira a trasformarsi in oro secondo la visione alchemica, ma di nuovo l’anelito conta più della soluzione.
Wireframe # 3 è un lavoro delicato e prezioso che impiega tecniche orafe e procedimenti che nella loro iterazione sottendono un affascinante rituale creativo.
Il valore simbolico è in sintonia con l’esperienza sensoriale e l’intento comunicativo si sviluppa nella realizzazione visiva.
Marinella Caputo