ALDO GRAZZI
“GIARDINO D'INVERNO”
Testo a cura di Davide Silvioli
Piccole sculture in gesso, colla e veri componenti vegetali, preziosamente racchiuse in teche di vetro, come per proteggerle dalla loro stessa fragilità, così come estremamente delicata è la vita con i suoi equilibri.
Un “Giardino d'inverno”, quello di Aldo Grazzi, che, rielaborandola, si ispira alla tecnica europea delle orangerie, serre e spazi al chiuso adibite alla coltivazione di quelle piante che all'esterno, a causa della rigidità del clima, non riuscirebbero a sopravvivere. Tuttavia l'artista ne fornisce una lettura propria, personale e ricca di raffinatezza, parafrasando tale pratica nei termini di una ricerca estetica profonda e intima. Come dei grembi artificiali, i vasi creati dall'artista, caratterizzati da una fisionomia indefinita, accolgono gli esili germogli prodighi di vita assecondando il loro sviluppo naturale, frammentandosi dunque al ritmo del loro crescere, senza così vincolarli all'interno dei loro limiti fisici. Si tratta, pertanto, di opere depositarie di una propria regola costitutiva, di un proprio tempo interiore che si esprime attraverso un linguaggio visivo rarefatto e minimale nei mezzi narrativi ma, nondimeno, in grado di descriversi con straordinaria immediatezza, proprio per un impiego volutamente misurato e calibrato dell'archetipo biologico-naturale, oltre che per l'elezione dello stesso a chiave d'interpretazione più congeniale per la comprensione dell'installazione in questione. Al contempo, l'opera imbastisce una ricerca di autoanalisi e autoreferenzialità poiché si manifesta dimostrando e raccontando non altro che sé stessa, il risultato della propria processualità, in cui, però, non si chiude ermeticamente, ma coinvolge lo spettatore nel confronto con il dato naturale, con la sua dispiegazione e con la sua magmaticità. “Giardino d'inverno”, grazie alla pluralità metodologica di cui è esempio, alla trasversalità dei pensieri in grado di sollecitare, equivale a una dichiarazione di spiritualità e mistero.
Una grammatica, quella che ci propone Aldo Grazzi, distinguibile per l'eccezionale facoltà di andare a valorizzare gli aspetti più silenziosi e taciti di un'opera d'arte ma, non per questo, meno evocativi e poetici, di un lessico visivo giocato sulle suggestive corrispondenze di reciprocità intangibili e universali.